Saturday, Dec 4, 2021 • 25min

Ep.2: Per la vita

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Fin da subito è chiaro che l’Aids non è una malattia come le altre. Avere il virus in quei primi anni non significa solo ricevere una sentenza di morte, ma anche essere licenziati, discriminati, allontanati da amici e familiari. Succede perché a essere colpite sono le categorie più deboli, quelle che sono già minoranze, ma anche perché non esiste ancora una cura, e il virus fa paura. Lo ricorda bene Rosaria Iardino, che scopre di essere sieropositiva a 19 anni e che, dopo aver preso consapevolezza delle discriminazioni subite, decide di diventare attivista per i diritti delle persone con Hiv. Ma anche Don Luigi Ciotti, che con il Gruppo Abele si batte da subito per garantire accoglienza e supporto a quei malati che non vuole nessuno, anche andando contro ai principi della sua stessa Chiesa.
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Talking about
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Speakers
(7)
Mario Calabresi
Luigi Ciotti
Rosaria Iardino
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Transcript
Verified
00:06
Chora.
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Mario Calabresi
00:11
C'è una storia che racconta moltissime cose sul aids e moltissime cose su di noi, i nostri pregiudizi e la nostra capacità di superarli.
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00:20
E questa è la storia di Ryan White.
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00:23
Ryan nasce nel millenovecentosettantuno a
Kokomo
,
Indiana
.
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00:27
È affetto da emofilia e per questo viene sottoposto fin da piccolo a molte trasfusioni.
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00:32
A cavallo tra gli anni settanta e gli anni ottanta gli emoderivati non sono ancora testati per HIV e Ryan, come tanti altri trasfusi di quel periodo, si ammala di Aids.
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00:43
Glielo diagnosticano nel dicembre del millenovecentoottantaquattro, il giorno dopo il suo tredicesimo compleanno.
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00:50
Insieme alla diagnosi, arriva anche un verdetto inappellabile avrà al massimo sei mesi di vita.
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00:57
Ryan era uno studente della Western Med School e il suo desiderio più grande, racconta la mamma Jen, era di tornare a scuola tra i suoi amici e compagni.
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01:05
La notizia della sua sieropositività, però, intanto si è diffusa.
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01:09
Gli insegnanti e i genitori della scuola hanno paura e non lo vogliono più in classe.
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01:13
Inizia così una battaglia legale, lunga e dolorosa, che vede da una parte la famiglia White e dall'altra, la scuola e tutta la piccola comunità di
Kokomo
, vittima del pregiudizio e dell'ignoranza.
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01:26
Nei pochi giorni in cui Ryan, grazie ad alcune sentenze favorevoli ma momentanee, verrà riammesso in classe, metà degli studenti rimarrà a casa.
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01:34
Pochissimi dei presenti gli si avvicineranno e lui mangerà immensa da solo con piatti posate di plastica.
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01:42
Intanto in paese si vocifera di tutto, quando Ryan passa per strada gli urlano che si deve vergognare.
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01:48
Le persone a cui fino a poco tempo prima consegnava il quotidiano locale per guadagnare qualche dollaro, disdico l'abbonamento.
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01:56
Quando un proiettile trapassa la finestra del soggiorno di casa White.
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01:60
Fortunatamente in quel momento vuota, la madre decide che c'è un limite a tutto.
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02:06
Ryan invece che sei mesi vivrà più di cinque anni, gli ultimi dei quali a Cicero
Indiana
, accolto nel aids school locale, sostenuto pubblicamente da persone come
Elton John
,
Michael Jackson
da Karim Abdul Jabar, uno dei più grandi giocatori di basket della storia, morirà il ventinove marzo, illenovecentonovanta l'emozione Sarà fortissima e fortissime saranno anche le proteste.
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02:33
Quattro mesi dopo il Congresso Degli Stati Uniti promulga era il Ryan White Care Act, il più vasto programma a finanziamento federale per il sostentamento e la cura delle persone affette da HIV e AIDS.
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02:54
Sono Mario Calabresi, questo è un podcast di ChoraMedia, scritto con Silvia Cucini in collaborazione con
The Global Fund
, il fondo globale per la lotta contro l'aids, la tubercolosi e la malaria.
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03:04
Si chiama un filo rosso.
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03:16
In
Italia
in quegli stessi anni una ragazza di nome Rosaria Iardino scopre di essere sieropositiva.
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03:23
La sua vita cambia, ma soprattutto è lo sguardo che gli altri hanno su di lei a cambiare.
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Rosaria Iardino
03:28
Io ho scoperto di avere l'HIV quando avevo diciannove anni.
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03:34
Non dirò come l'ho contratto, io un'idea non l'ho mai detto e non ho intenzione di dirlo, perché è del tutto irrilevante come uno ha contratto l'infezione.
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03:44
Dopo l'esito dell'esame andai a fare la visita dall'infettivologo, il quale mi diede più o meno un anno di vita e uscendo da quello studio avevo deciso che visto che avevo un anno di vita, volevo divertirmi e mi trasferii a
Londra
per un anno dove ho anche preso contatto col Trust la London Lighthouse.
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04:06
Quelle organizzazioni che all'epoca si occupavano dei pazienti con HIV, mi sono resa conto di quante persone morivano una dietro l'altra.
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04:16
Dopo un anno ho deciso di ritornare in
Italia
e mi sono resa conto che le persone con HIV venivano licenziate, discriminate non si riusciva a trovare il becchino che portasse la bara a causa delle persone che morivano di AIDS.
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04:32
Io mi ricordo di questa coppia omosessuale allo Spallanzani, dove, il compagno di una vita, ha perso conoscenza perché aveva una patologia cerebrale.
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04:43
Venne immediatamente la famiglia e mi ordinò l'allontanamento c'era anche la vergogna, nonostante la morte di usare il termine AIDS.
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04:52
Quando si veniva a conoscenza che un tuo figlio, tuo fratello, aveva l'HIV, anche il contesto sociale si allontanava.
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05:00
Avevo cominciato a lavorare in un ristorante, al primo problema di una piastrinopenia chiesi un permesso e dissi al mio datore di lavoro perché e lui mi licenzio.
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05:12
Gli feci causa, vinsi e mi ricordo che un gruppo di amiche decisero di sostenermi dandomi uno stipendio.
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05:21
Da li' avendo una sicurezza di uno stipendio, ho cominciato ad espormi in televisione.
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Mario Calabresi
05:32
Mauro Guarinieri è uno psicologo e psicoterapeuta.
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05:35
Lavora per l'International Network Of People Using Drugs, ma la definizione in cui si riconosce di più è quella di attivista.
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05:43
Da trent'anni si batte per i diritti delle persone che fanno uso di sostanze per la riduzione del danno per l'accesso alle cure in caso di malattia, perché la loro dipendenza non diventi un buco nero, di diritti e dignità.
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05:56
Una lotta che, come racconta, si intreccia con la sua storia personale.
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Mauro Guarinieri
06:02
La mia storia personale, probabilmente anche abbastanza tipica di quegli anni.
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06:07
Io ho scoperto di essere sieropositivo nel ottantaquattro, ottantacinque, perché avevo avuto una serie di epatiti e all'epoca era appena arrivato il test.
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06:20
Ci ho messo un po' di mesi prima di scoprirlo perché mio padre, essendo un medico di famiglia, lei mi aveva detto che era risultato sieropositivo.
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06:28
Per cui io l'ho scoperto sostanzialmente scartabellando tra le carte di mio padre, per cui ci ho messo un po' di tempo prima di saperlo.
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06:36
Anche perché non ci consideravamo a rischio perché era così percepita più nelle immaginario, nelle mezzi di comunicazione come un problema che riguarda soprattutto le persone omosessuali.
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06:48
A metà degli anni ottanta non solo non c'erano cura, non c'era nemmeno una comprensione sufficiente di che cosa si stesse parlando.
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06:58
Sapeva di essere sìropositivo in quegli anni.
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07:02
E allora come dire restringeva il tuo mondo proprio a livelli minimi.
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07:06
Perché non ne potevi parlare con molte persone se non quasi con nessuno, perché ovviamente tutti erano un po' spaventati.
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07:17
Erano molto spaventati.
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07:19
Le tue vita di relazione ovviamente cambiava, perché come se fossi un mostro.
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Mario Calabresi
07:34
Tra le tante foto di Lady Diana, Lady di quella che noi chiamiamo Diana, Diana D'inghilterra ce n'è una certamente meno glamour delle altre, ma importantissima per quello che rappresenta.
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07:46
In questa immagine Diana indossa un abito blu, è seduta composta, sorride e stringe la mano a un uomo di cui non si vede il viso, ma di cui si intuisce la magrezza e la sofferenza.
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07:57
Siamo in un nuovo reparto dell'Ospedale Middlesex di
Londra
, che Diana è stata invitata a inaugurare.
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08:03
É l'aprile del millenovecentoottantasette, il reparto non è un reparto qualunque, è quello in cui sono ricoverati i malati di Aids.
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08:11
Quell'uomo è uno di loro, sta morendo.
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08:14
Per giorni la stampa inglese si era interrogata se Diana avrebbe o meno indossato i guanti dentro quel reparto, quello sembrava il problema.
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08:23
Lei invece, non solo non l'ha fatto, ma ha stretto le mani a tutti, medici, infermieri e a tutti i pazienti ricoverati.
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08:31
Quel contatto che oggi forse ci può sembrare banale, ebbe il potere di cambiare completamente la percezione che gli inglesi avevano della malattia, di ridimensionare le paure e di togliere dal cono d'ombra sieropositivi e malati.
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08:46
Il momento più duro e più difficile è anche quello in cui comincia la mobilitazione.
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08:51
Proprio in quel millenovecentottantasette nasce la Lila, la Lega Italiana per la lotta contro L'aids.
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08:57
Che è una federazione di associazioni e gruppi, che si battono per un'informazione corretta, per il sostegno e le cure e contro l'emarginazione di chi è malato.
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09:07
Il primo a presiederla è
Don Luigi Ciotti
, sacerdote fondatore del Gruppo Abele.
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Luigi Ciotti
09:17
In quel momento avevamo toccato con mano la mancanza di terapie.
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09:22
Avevamo visto che i reparti di infettivi sembravano diventare dei lazzaretti, no?
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09:30
Perché c'era paura, c'era molto pregiudizio, c'era soprattutto impotenza.
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09:35
E allora uno si chiede che cosa fare.
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09:38
Ce lo siamo chiesti, per noi era necessario capire che cosa fare per contribuire alla salvezza di quelle vite.
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09:48
E le nostre posizioni sulla necessità quindi, sono state elaborate di garantire ad esempio, la distribuzione di siringhe sterili ed evitare relazioni sessuali che non fossero protette.
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10:08
E tutte queste scelte che abbiamo fatto per dare concretamente una mano, per la vita, per la vita, per la vita, furono considerate molti ambienti amorali.
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10:22
Fummo accusati di essere dei complici perché si favoriva l'uso delle siringhe e del preservativo e noi siamo andati però avanti.
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10:37
Come Lila nel febbraio dello ottantotto, noi abbiamo presentato la carta dei diritti del malato.
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10:44
E nella carta dei diritti del malato c'erano le indicazioni dell'organizzazione mondiale della sanità e nelle indicazioni dell'organizzazione mondiale della sanità c'era l'uso del preservativo.
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10:56
Ecco, e poi un secondo passaggio beh lo strumento delle siringhe che dovevano essere non infette.
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11:05
C'era anche chi sosteneva il diritto all'aborto per le donne sieropositive.
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11:11
Non avevo presentato io il documento, ma avevano preso dei medici.
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11:15
Partirono dei grandi attacchi proprio anche rispetto alla mia persona.
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11:19
E io poi in un'intervista, che ho cercato di spiegare e ora voglio recitare le parole che io dichiarai in quel momento di grandi attacchi, di grande strumentalizzazione.
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11:34
Cito io mi batto per la vita delle persone, per trovare, inventare, creare mille occasioni perché una persona possa accettare di portare, se possibile a termine la gravidanza.
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11:48
Io mi batto su questo principio, evidentemente e soprattutto nell'offrire una serie di possibilità e occasioni a una persona perché ci sia una dimensione reale di speranza, di possibilità di alternativa.
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12:04
Però dopo aver fatto tutto quello che è possibile, lascio la persona, la sua libertà, non l'abbandono perché ha fatto scelte diverse da quelle che ho io nella mia testa.
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12:20
Per opportunità io mi sono dimesso da coordinatore della Riga Italiana del HIDS e scoprirò poi in seguito che la Congregazione Per La Dottrina Della Fede aveva aperto un fascicolo sulla mia persona, in Vaticano.
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Mario Calabresi
12:38
La mobilitazione supera i confini nazionali, ormai è di tutti e di tutto il mondo, tanto che il primo dicembre, millenovecentottantotto, nasce la Giornata mondiale contro L'aids.
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12:49
Ma la situazione è sempre più difficile e il contagio dilaga.
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12:53
Natalia Aspesi
, una delle più grandi firme del giornalismo italiano, ricorda com'era il clima quei giorni a
Milano
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Natalia Aspesi
13:01
Sì era a
Milano
, se ti ricordi, la
Milano
da bere che si chiamava, che auspicava le grandi feste con le top model, che non ci sono più, le donne bellissime, vistose.
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13:15
Era una
Milano
che era molto accentrata sulla moda, perché di colpo aveva spalancato le porte al lusso, alla bellezza femminile, alle grandi cene, ai bei ricevimenti, al socialismo, al potere.
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13:36
Improvvisamente, in questa atmosfera gioiosa di vita bella, progressista, improvvisamente ci fu questa tragedia, dapprima sconosciuta, sconcertante, sconcertante, spaventosa, terrorizzante.
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Mario Calabresi
14:01
Natalia Aspesi
, nel giugno del millenovecentonovanta andò a
San Francisco
, mandata dal suo giornale Repubblica, andò a seguire il sesto congresso internazionale sull'aids, il mondo cercava di fare il punto.
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14:12
I sieropositivi avevano raggiunto la cifra di otto milioni e i morti quota trecentomila.
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14:18
A un certo punto però, lei decise di lasciare il congresso e di andare a vedere cosa succedeva negli ospedali.
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Natalia Aspesi
14:25
Io ricordo che a
San Francisco
andammo a vedere i reparti d'ospedale dove stavano curando questi bei giovani ragazzi.
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14:41
Ed era mi ricordo, non lo dimenticherò mai, il terrore di quelle facce, di ragazzi, la loro magrezza, il loro pallore, il loro occhio disperato perché morivano, morivano.
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15:10
L'aids non si vede, ma sta crescendo.
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15:16
AIDS se lo conosci lo eviti, se lo conosci, non ti uccide.
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Mario Calabresi
15:21
Questa musica, che è un brano di
Larry Henderson
e si intitola O Superman e questo slogan sono stati per la mia generazione la colonna sonora della paura dell'aids.
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15:32
Sono quelli di uno spot televisivo del Millenovecentonovanta realizzato dalla Fondazione Pubblicità Progresso.
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15:38
È un film di quaranta secondi che ha l'intento di dissuadere dallo scambio di siringhe, dai rapporti occasionali e che promuove l'uso del preservativo.
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15:47
Fin qui tutto bene, se non fosse che per mostrare la facilità con cui il virus si diffonde. i personaggi dello spot che si infettano vengono contornati da un alone viola, quell'alone viola impensabile ai giorni nostri, racconta perfettamente l'ambivalenza in cui tutti, la politica, la società, le singole persone si muovevano in quegli anni.
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16:07
La consapevolezza, come si vede nello spot, che l'HIDS può toccare tutti, la bella collega, il marito affettuoso ma fedifrago, il ragazzo della vita apparentemente normale, che però fa uso di eroina e l'idea che la malattia sia un marchio indelebile.
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16:24
E così, mentre i mezzi di comunicazione cercano di sensibilizzare facendo leva sulla paura, c'è un mondo di associazioni, attivisti, persone toccate dalla malattia che lotta per romperla quella paura.
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16:37
Il gesto più forte lo fanno due persone, un medico e una ragazza sieropositiva.
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16:43
Quella ragazza è proprio Rosaria Iardino, l'abbiamo conosciuta all'inizio di questa puntata. Il medico è un immunologo, si chiama
Fernando Aiuti
, sono protagonisti del bacio più scabroso della storia.
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Rosaria Iardino
16:56
Incontrai Fermando un congresso e mi propose di mettere su un gruppo di persone con HIV all'interno di Anlaids.
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17:05
Lui All'epoca, era presidente di
Anlaids
.
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17:07
Io ho accettato, nonostante io Fernando abbiamo, credo litigato nell'ottanta percento delle volte che ci siamo incontrati perché comunque lui era di centrodestra e io ero di centrosinistra.
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17:22
Fernando era sicuramente un uomo di clinica molto, molto figo.
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17:29
Cioè lui guardava le persone, capiva la patologia, non ha non aveva bisogno di tremila esami, guardava il bulbo oculare, guardava i colori della lingua, cioè era il clinico di una volta.
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17:44
Noi eravamo molto arrabbiati sulla disinformazione che in quel periodo c'era no?
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17:49
Oggi le chiameremo le fake news.
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17:53
Ho avuto persone che hanno provato ad aggredirmi, ho avuto persone che per strada mi hanno urlato che ero una schifosa, che poteva infettare piuttosto che la portinaia, che ogni volta che scendevo lavava con la Barrichina la scala.
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18:12
Abbiamo avuto delle scale stupende per tutto l'anno che ho vissuto lì.
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Mario Calabresi
18:17
Ma un giorno, è il primo dicembre del millenovecentonovantuno, i due si arrabbiano davvero.
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18:23
Hanno appena letto sulla prima pagina di un quotidiano che l'HIV si trasmette anche con la saliva.
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Rosaria Iardino
18:29
Io e Fernando eravamo veramente incazzati e Fernando mi dice ma senti, ma secondo te cosa possiamo fare? No?
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18:37
E ridendo entrambi ci siamo detti beh, l'unica roba sarebbe darsi un bacio, No? Così almeno la facciamo fuori.
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18:44
E lui scherzava sul fatto che comunque era sposato.
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18:47
E io dicevo sì, però capisci che io sono lesbica baciare un maschio, neanche uno figo come Brad Pitt capisci che per me è un problema.
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18:56
Insomma, parlavamo di entrambe le reputazioni che sarebbero state frantumate da questo bacio.
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19:03
Però era uno scherzo, finché il, probabilmente sia dentro di me, sia dentro di lui la roba ha cominciato a girare.
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19:11
Il mattino dopo, Fernando mi dici guarda lì c'è un fotografo, ma facciamolo.
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19:17
Da lì a quarantotto ore c'è stato un boom mediatico di questa cosa.
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19:21
Quando io morirò, io sarò ricordato come la ragazza del bacio, no, morirò a ottantadue anni, non sarò più ragazza.
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19:28
Quello che ho fatto nella mia vita non conta assolutamente nulla, mediaticamente conterà quello.
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19:33
Che mi rendo conto che è stato un cambio enorme, per le persone con cui è stata una svolta epocale.
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Enzo Biagi
19:50
Buonasera,
Giovanni Forti
ha compiuto trentotto anni il sette febbraio.
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19:55
Lavora all'espresso dal millenovecentottantasei ed è stato per lungo tempo corrispondente dagli Stati Uniti.
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20:02
Ha un figlio di tredici anni, Stefano, che vive con la madre.
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20:05
Giovanni forti è omosessuale l'anno scorso a
New York
in una sinagoga, si è risposato con lo scrittore Brett Shapiro.
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Mario Calabresi
20:14
La voce che avete sentito è quella del giornalista Enzo Biagi, che nel febbraio del millenovecentonovantadue presenta nel suo programma di interviste in prima serata
Giovanni Forti
.
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20:25
L'espresso, il giornale per cui lavora, gli ha dedicato la copertina quella stessa settimana, lo strillo eh: diario di un malato di aids, la firma è sua, la foto é sua, quella è la sua storia.
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Enzo Biagi
20:39
E ha mai pensato a chi le ha trasmesso il virus e a quando può essere accaduto?
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Giovanni Forti
20:44
Si quando si, chi no poi io nell'estate dell'ottantuno andai a
San Francisco
e devo dire che mi abbandonai a certe sfrenatezza andai nelle le saune gay e così via, senza precauzioni, anche perché nell'ottantuno non si sapeva, non si sapeva, averlo saputo, certo.
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21:08
Cerco conforto nel nel cercare di perdonare e di chiedere il perdono, almeno dentro di me, le persone a cui ho fatto del male e nel cercare di adattarmi all'idea.
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21:24
Devo farmi un'idea che non ci sarò più e che potrebbe essere anche presto.
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Mario Calabresi
21:30
Forti è magrissimo, provato.
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21:32
È consapevole che non gli resta molto da vivere, ma ha scelto di usare quel tempo tanto o poco che sarà con uno scopo.
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21:39
A spiegarlo è lui stesso mentre risponde a un'altra domanda, quella sul senso che da alla sua vita.
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Giovanni Forti
21:45
Forse, forse posso aiutare qualcuno anche solo essendo qua parlando con questa mia voce rauca di cui mi scuso con con i telespettatori, forse posso contribuire a incrinare un pochettino il muro di silenzio.
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22:02
Questo può essere un senso, forse.
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Mario Calabresi
22:07
Giovanni Forti morirà nemmeno due mesi dopo, il tre aprile del millenovecentonovantadue, a raccontarci quel tempo tragico in cui la diagnosi di sieropositività significava ancora una condanna senza appello, in cui la solitudine e l'abbandono erano la norma.
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22:23
E ancora
Don Luigi Ciotti
e ci parla di qualcosa di inedito, le comunità invisibili.
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Luigi Ciotti
22:30
Ed in quel momento che noi abbiamo aperto delle comunità invisibili le abbiamo chiamate così perché c'erano dei bambini che venivano tenuti in ospedale perché sieropositivi, nati da madre in quelle condizioni e in quel momento sembrava che ci fosse la peste e quindi non trovavi chi voleva accogliere, accompagnare.
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22:56
E quando dall'ospedale Margherita ci hanno chiamato, che c'erano due bambini che da mesi erano lì perché non si riusciva a trovare poi una possibilità all'esterno per accompagnarli.
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23:08
Noi ci siamo inventati una piccola comunità, dalla sera alla mattina nella collina torinese abbiamo cominciato ad accogliere anche questi bambini.
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23:20
Non essendoci ancora le medicine purtroppo li abbiamo accompagnati, anche loro se ne sono andati.
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23:27
Però è stato importante anche potere condividere un pezzo di dignità, di vita e di speranza.
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23:34
Poi arriveranno i farmaci che hanno permesso di fare certamente dei grandi notevoli passi in avanti.
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23:42
E nel frattempo avevamo aperto sulla collina torinese, proprio davanti alla villa dell'avvocato Agnelli, c'era una villa, un po' abbandonata.
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23:51
Avevamo aperto una struttura e li abbiamo cominciato ad andare a vivere con dei ragazzi e delle ragazze, giovani e adulti che li abbiamo tutti accompagnati.
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24:04
Non c'erano ancora i farmaci, li abbiamo tutti tutti accompagnati.
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24:09
Era purtroppo l'ultimo progetto della loro vita però l'abbiamo riempito di sensi di significati, di gioia, di relazioni.
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24:19
Io aprii una comunità, non trovavo spazi, l'ho aperta in un campanile di una chiesa e li abbiamo aperto una piccola cucina i letti per dormire e li abbiamo accompagnati così, no, per dirgli che ci siamo inventati di tutto.
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24:35
Purtroppo nella fase della mancanza di farmaci li abbiamo accompagnati tutti questi ragazzi tutti, tutti, però abbiamo accompagnati con grande forza e con grande dignità.
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24:47
Non li abbiamo lasciati soli, non li abbiamo lasciati soli.
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Mario Calabresi
24:60
Un filo rosso e un podcast di Cora Media ha scritto con Silvia Nocino in collaborazione con
The Global Fund
, il fondo globale per la lotta contro l'aids, la tubercolosi e la malaria.
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25:10
Le registrazioni in studio sono di Riccardo Mazza per Experimental Studios i fonici in presa diretta sono Francesco Ciego, Matteo,
Benny Ci
e Nico Lobos, L'editing il sound design e di
Francesco Ferrari
per Frigo Studio, il supporto redazionale di Antonella Se Recchia la produssero e
Anna Nenna
la cura editoriale e di Sara papà.
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🇮🇹 Made with love & passion in Italy. 🌎 Enjoyed everywhere
Build n. 1.38.1
Mario Calabresi
Rosaria Iardino
Mauro Guarinieri
Luigi Ciotti
Natalia Aspesi
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Giovanni Forti
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