Quando negli Stati Uniti viene dato per la prima volta un nome all’Aids, il virus che la causa ha già fatto il giro del mondo. Arriva al Policlinico Umberto Primo di Roma, dove Stefano Vella è un giovane specializzando che vede per la prima volta un paziente sieropositivo; entra nella vita di Dominique Corti e di sua mamma, un chirurgo in zone di guerra che contrae il virus sul tavolo operatorio; si diffonde nella comunità per tossicodipendenti di San Patrignano, dove Fabio Cantelli scopre di essere sieropositivo insieme a decine di altri ospiti. Grazie a queste e altre testimonianze ricostruiamo il viaggio dell’Hiv: un virus silenzioso, paziente, che dall’Africa di inizio ‘900 viaggia per decenni senza che nessuno se ne accorga.
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(6)
Mario Calabrese
Dominique Corti
Vella
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00:06
Chora.
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Mario Calabrese
00:10
Questa storia la facciamo cominciare il tre luglio Millenovecentoottantuno, alla vigilia della festa dell'indipendenza americana.
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00:18
A pagina venti del New York Times, c'è un breve articolo è lungo solo una colonna e si intitola riscontrata una rara forma di cancro in quarantuno omosessuali.
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00:29
Nella pagina accanto, una banca augura ai lettori un felice quattro luglio, pubblicando spartiti e parole dell'inno nazionale americano.
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00:39
Nel pezzo si racconta della preoccupazione di alcuni medici di
San Francisco
di New York che hanno curato e poi visto morire alcuni di quei quarantuno pazienti affetti da una rara forma di tumore, il sarcoma di Kaposi.
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00:52
Il tumore non è contagioso e tra l'altro le vittime non si conoscevano nemmeno tra di loro, ma i sintomi e l'evoluzione della malattia sono identici.
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00:60
Uno dei medici definisce la comparsa del focolaio piuttosto sconvolgente.
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01:05
è la prima volta che l'aids, ma allora non aveva né questo né nessun altro nome fa notizia su un quotidiano nazionale.
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01:14
In realtà il primo articolo scientifico era uscito un mese prima, sul bollettino del
CDC
di
Atlanta
nell'agenzia americana per la prevenzione e il controllo delle malattie.
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01:24
Il suo autore era un giovane immunologo di nome, Michael Gottlieb, assistente alla facoltà di Medicina Dell'università della
California
.
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01:33
Nell'articolo raccontava ciò che aveva notato a partire dall'autunno dell'anno prima.
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01:38
I cinque giovani uomini gay di
Los Angeles
fino a quel momento perfettamente sani.
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01:43
Avevano una strana infezione polmonare a cui il loro sistema immunitario non riusciva a reagire.
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01:49
Il giovane medico non azzardava nessuna ipotesi sulla causa, ma sentiva l'urgenza di lanciare l'allarme su questa sindrome sconosciuta.
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01:57
Ma questo allarme non fece notizia.
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01:59
Venne derubricata a questione locale e ripreso soltanto dai giornali della
California
.
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02:06
Nei quarant'anni che ci separano da allora, quella malattia che avrebbe trovato un nome soltanto un anno dopo, ucciderà oltre trentasei milioni di persone in tutto il mondo.
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02:23
Sono Mario Calabrese. Questo è un podcast di ChoraMedia, scritto con Silvia Lucini in collaborazione con
The Global Fund
, il fondo globale per la lotta contro l'aids, la tubercolosi e la malaria.
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02:35
Si chiama un filo rosso.
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02:46
Come dicevamo, questa nuova malattia era emersa negli
Stati Uniti
, ma già circolava da tempo nel mondo, come ci racconta
Stefano Vella
è un infettivologo professore universitario.
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02:57
Vella è stato direttore del Centro di salute globale Dell'Istituto Superiore Di Sanità e la rivista scientifica Lancet, l'ho inserito tra i dieci ricercatori più importanti al mondo per i suoi studi sull'aids.
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03:12
Nel millenovecentosettantanove il professor Vella era un giovane specializzando.
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03:15
Lavorava al Policlinico Umberto, primo di
Roma
, con un luminare del tempo, uno di quei grandi professori, Giuseppe Giunchi, era medico del papà e medico del presidente della Repubblica.
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Vella
03:28
Ricordo che arrivò un ragazzo un bel ragazzo, giovanissimo, pieno di linfonodi, con una febbre che non passava, aveva pure strane cellule del sangue, per cui si pensava fosse con la mononucleosi infettiva.
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03:44
E però noi stavamo lì, insomma brancolavamo nel buio perché poi non ce l'aveva la mononucleosi.
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03:50
E siccome il grande Giunti ogni tanto passava in corsia a controllare quello che stavamo facendo.
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03:57
In generale noi eravamo tutti terrorizzati perché lui arrivava, ci sarà subito che avevamo sbagliato, questo e quello.
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04:03
E invece arrivò da questo ragazzo, guardò la cartella, poi mi dice quelle sue manone.
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04:09
Lui veva delle grandi mani sulla pancia.
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04:10
A quei tempi non c'erano neanche non c'era manco la tac per capirsi, che tempi erano, settantanove.
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04:17
Si girò, buttò la cartella sul sul letto e disse, questa è una malattia nuova, perché io non l'ho mai vista.
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04:26
E noi ci siamo guardati, no? Un po' ridacchiavamo, dicendo adesso, perché non riesce a fare una diagnosi, questa è nuova, è in realtà era era era l'aids.
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04:36
Questo ragazzo in realtà aveva aveva preso hiv ed è morto di aids poi, qualche anno dopo, purtroppo nel ottantasei.
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Mario Calabrese
04:48
Due anni dopo il giovane Stefano si trasferì negli
Stati Uniti
per fare un dottorato all'università della Pennsylvania, in quell'estate del millenovecento ottantuno faceva ricerca sul cancro.
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Vella
04:59
Improvvisamente, mentre ero lì, verso l'estate, sono arrivate queste notizie, no, da da
Los Angeles
,
San Francisco
di una strana patologia che uccideva fondamentalmente giovani omosessuali, tutti i giovani e nessuno, anche lì capiva.
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05:18
All'inizio non si capiva.
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05:19
Io scrivevo, scrivevo delle lettere perché non c'era neanche l'internet, a quel tempo scrivevo lettere ai miei capi a
Roma
.
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05:26
Guarda che sta succedendo una cosa, qui sono tutti, insomma, sconvolti da questa malattia e sicuramente sembrerebbe infettiva, quindi è una cosa che do di cui dovremmo preoccuparci.
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05:38
Poi loro mi ricordo mi riscrivevano dicendo beh, non ti preoccupare, queste a volte, sai, gli americani scoprono strane nuove malattie e dico no ma guarda questa è seria questa roba seria.
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Mario Calabrese
05:51
Aveva ragione il professor Vella.
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05:53
Era una cosa seria ma lasciamolo un momento da parte, per capire esattamente di cosa stiamo parlando.
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05:60
Della differenza tra H, I V e AIDS.
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06:04
Ce la spiega la professoressa Maria Rosaria Capo Bianchi, virologa, la prima persona ad aver isolato il
Coronavirus
del Covid in
Italia
.
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06:13
Ricordate quando arrivarono i due turisti cinesi a
Roma
.
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06:18
Per ventunanni è stata la direttrice del laboratorio di virologia Dell'Ospedale Spallanzani di
Roma
che vi è un lenti virus.
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Maria Rosaria Capo Bianchi
06:26
L'hiv è un lenti virus, è un virus che ha un genoma RNA, però c'ha questa particolarità che è capace di trasformare il suo genoma RNA in una copia di DNA.
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06:39
Questa copia di DNA entra dentro al genoma delle cellule e li può rimanere in maniera silente, oppure può esprimersi in maniera cospicua, replicandosi e uccidendo la cellula.
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06:53
La cellula bersaglio del'hiv è un linfocita sono i linfociti T.
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06:58
Sono gli orchestratori della risposta immune.
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07:01
Questo fa sì che il virus piano piano nell'arco di anni in genere, uccida le cellule nelle quali si è annidato e compare nella persona che ospita il virus una forma di incapacità di reagire alle infezioni, ai tumori, un'incapacità immunitaria.
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07:22
Si chiama immunodeficienza.
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07:24
Chi si infetta con questo virus generalmente non se ne accorge.
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07:31
La l'infezione decorre in maniera praticamente asintomatica e questo stato può durare per anni.
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07:38
Ecco quindi noi dobbiamo fare una grande distinzione, netta, fra lo stato di infezione e lo stato di malattia.
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07:46
Lo stato di infezione corrisponde alla situazione in cui si acquisisce il virus, quindi infezione non vuol dire malattia.
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07:55
Il termine aids, che corrisponde allo stato di malattia, è una sigla che indica Aquired Immuno deficiency syndrome.
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08:06
È la malattia causata dall'infezione da HIV che si manifesta quando lo stato di immunodeficienza è arrivata a un punto tale da far comparire i segni della malattia.
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Mario Calabrese
08:22
Come abbiamo già capito, il virus però non nasce negli anni ottanta e nemmeno negli
Stati Uniti
, ma fa il salto di specie in
Africa
, passando da uno scimpanzé a un essere umano.
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08:34
Molto tempo prima è successo all'inizio del Novecento, in Camerun e probabilmente durante una battuta di caccia alle scimmie.
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08:42
La nuova malattia poi si spostò lungo le vie D'acqua arrivò al Fiume Congo e all'inizio degli anni Venti raggiunse due grandi città coloniali,
Leopold Ville
, che oggi si chiama Kinshasa e Brazzaville.
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Vella
08:59
È interessante capire che questa, questo virus é passato dalle scimmie all'uomo nel millenovecentoventi.
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09:08
Oggi ne abbiamo le prove.
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09:10
Che passò, fece questo salto di specie nel millenovecentoventi e per tanti, tanti anni per quarant'anni è stato lì, nell'Africa occidentale e nessuno si è accorto di niente.
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09:23
Ma perché, è perché lì si moriva prima che il virus facesse i suoi suoi danni.
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09:30
Ci mette dieci anni questo virus di fondo a distruggere il tuo sistema immunitario.
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09:35
Ci siamo accorti di questa malattia quando sono cominciati a morire i giovani, diciamo il salto verso il mondo occidentale ha coinciso in un certo senso con l'inizio della, della globalizzazione, dei viaggi intercontinentali.
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09:50
Il virus è passato,
dall'Africa
è andato, probabilmente si è fermato un attimo
Haiti
e da lì poi ha fatto il salto in
California
e poi si è sparso in tutto il mondo, ci ha messo pochissimo, in realtà, in poco tempo obiettivamente non c'è stato neanche un paese della terra che non abbia avuto casi di aids.
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Mario Calabrese
10:15
Il miglior racconto del viaggio del virus lo ha scritto il giornalista scientifico David Comment nel suo famoso é bellissimo libro Spillover, in cui racconta che la diffusione in
Africa
avvenne attraverso i rapporti sessuali, ma anche con una serie di campagne sanitarie per sconfiggere alcune patologie tropicali come la malattia del sonno.
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10:35
Non esistevano le siringhe usa e getta e gli aghi venivano continuamente riutilizzati.
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10:41
Poi nel millenovecentosessanta il
Congo
conquistò l'indipendenza dal Belgio.
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10:46
In breve tempo tutti i medici professori, gli insegnanti, lasciarono il paese e tornarono a Bruxelles.
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10:52
L'ex Colonia aveva bisogno di aiuto.
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10:56
Così l'Onu si mise a reclutare in giro per il mondo esperti disposti a trasferirsi nella neonata Repubblica indipendente.
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11:03
Molti venivano da
Haiti
, parlavano francese come congolesi, avevano radici africane e scappavano dalla dittatura che c'era nella loro isola.
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11:12
Ma nel millenovecentosessantacinque, anche in
Congo
ci fu un colpo di stato e gli haitiani furono costretti a rimpatriare.
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11:24
Almeno uno di loro, tornando a casa, si portò dietro il virus che da quel momento cominciò a diffondersi nell'isola caraibica.
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11:32
Da qui raggiunse gli
Stati Uniti
. Ma come?
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11:36
Esistono due possibili strade, entrambe legate allo sfruttamento della povertà.
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11:42
La prima e con il plasma ricavato dal sangue degli haitiani, li pagavano tre dollari per ogni litro che si facevano prelevare.
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11:50
E poi quel plasma era spedito negli ospedali americani.
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11:54
La seconda passa dal fatto che L'isola era una meta di turismo sessuale.
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12:01
Arrivato negli
Stati Uniti
, scrive agii in sordina per dieci anni e più, senza che nessuno se ne accorgesse, si infilò in reti di contagio contatto non era più un virus delle scimmie, aveva trovato un nuovo ospite e si era adattato brillantemente, ottenendo un successo che andava assai al di là di quanto potesse sperare nella vecchia vita dentro gli scimpanzé.
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12:25
Arrivò agli emofiliaci attraverso i prodotti ematici, arrivò ai tossicodipendenti attraverso la condivisione di siringhe, arrivò ai maschi gay in modo capillare e catastrofico, penetrando nelle reti affettive amicali, attraverso la trasmissione sessuale.
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12:41
Per una decina d'anni si spostò silenziosamente da individuo a individuo.
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12:46
I sintomi comparivano lentamente, la morte sopraggiungeva dopo un certo tempo e nessuno se ne accorse.
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12:54
Era un virus paziente, non come ebola.
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12:58
Qualcuno lo passò un trentatreenne di
Los Angeles
e dopo un po' si ammalò di polmonite e di uno strano fungo.
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13:04
E nel marzo, millenovecentottantuno entrò nell'ambulatorio del dottor Michael Godfrey.
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13:11
Sì, proprio lui, il giovane immunologo di
Los Angeles
che scrisse quel primo articolo allarmante in quel decennio in cui il virus si diffondeva silenziosamente negli
Stati Uniti
lo stesso accadeva in
Africa
e nessuno riusciva a spiegarsi questa malattia misteriosa.
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13:28
Come ci racconta Dominique Corti, figlia di Piero, un pediatra italiano, e di Lucille, chirurgo canadese, che nel millenovecentosessantuno si fecero carico di un piccolo ospedale nel nord
Dell'Uganda
, fondato qualche anno prima da un vescovo comboniano.
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13:44
I due rimasero lì per tutta la vita, sviluppando e dirigendo questo ospedale fino alla loro morte e lì sono anche sepolti.
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13:51
Oggi il laccior di Gulu è uno dei maggiori ospedali ugandesi.
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Dominique Corti
13:56
Nei primi anni ottanta il papà e insomma i medici giù hanno iniziato ad accorgersi di una forma strana che aggrediva soprattutto i camionisti che venivano su questi camionisti che fanno queste lunghissime tratte in
Africa
.
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14:16
E questi non avevano niente di particolare, avevano delle febbricole poi, a un certo punto incominciavano ad avere diarrea, diarrea, diarrea, dimagrivano, dimagrivano, dimagrivano.
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14:27
E poi qualunque cosa si facesse, questi morivano.
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14:31
E tanto che la chiamavano un po' o la malattia dei camionisti o slim deseas all'inizio si chiamava, malattia dei magri, perché diventavano proprio scheletro ricoperto da pelle quasi.
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14:43
E il papà ha portato su alcuni campioni a un certo punto è andato a bussare alla porta dell'Istituto Superiore Di Sanità.
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14:51
Era l'ottantatré, hanno fatto passare tutti i test più avanzati che loro avevano e non hanno trovato niente di particolare che potesse provocare questa morte.
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15:01
E il papà è tornato via senza una risposta.
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15:04
E poi nell'ottantacinque, quando si sono rivisti, hanno ritirato fuori dal freezer, dal congelatore questi campioni che il papà aveva portato a ottantatré hanno fatto passare il test ed erano tutti positivi.
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Mario Calabrese
15:19
Ad essere positivi senza saperlo, però, non sono solo quei camionisti che attraversano il continente portando con sé il virus.
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15:26
Nel millenovecentosettantanove scoppia la guerra tra Uganda e Tanzania e la dottoressa Lucille Tidail, la mamma di Dominic, si ritrova ad operare in condizioni d'emergenza.
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15:37
Il conflitto è pesante, la sala operatoria è sempre piena, il tempo utile per salvare una vita e pochissimo.
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15:44
Seguire le procedure di sicurezza per un chirurgo di guerra non è sempre possibile.
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Dominique Corti
15:48
La mamma si ritrova a essere l'unico chirurgo vero in una vasta zona e si ritrova a fare tantissima chirurgia di guerra.
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15:57
Il che vuol dire operare gente che è stata ferita, magari ore o giorni prima, con delle ferite che non capisci niente sono frammenti di osso dappertutto che devi andare a cercare di pescare dalla carne e quindi ti tagli è capitava io fin dai tredici anni assistevo in sala operatoria, facevo la ferrista e capita che ti tagli.
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16:21
Non ci si pensava cioè se la mamma si accorgeva, si tagliava, il guanto vedeva che iniziava a essere bagnato dentro, per cui se avevi tempo e non era troppo urgente, l'intervento piantavi li tiravi via i guanti ti disinfettati le mani, mettevi su un altro paio di guanti e andava avanti.
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16:38
Se non avevi tempo perché ne avevi una sfilza e ce ne erano tanti ed era urgente superarli.
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16:45
Andavi avanti comunque.
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16:47
E quindi pensiamo che sia stato da lì, che si sia infettata, perché già nel ottantadue lei incomincia ad avere delle prime malattie, di quelle lì opportunistiche, una polmonite strana, un herpes zoster, il fuoco di sant'antonio, eccetera.
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Mario Calabrese
17:06
Nell'estate del millenovecento ottantacinque Lucille, Piero e Dominic, come ogni anno, tornano in
Italia
con la scusa di fare un po' di vacanza.
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17:15
Il vero motivo questa volta però è un altro Lucill Vuole fare il test dell'aids, che era arrivato in occidente ma che in
Africa
non era ancora disponibile.
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17:24
Un collega la sottopone all'esame e siccome per avere i risultati ci vogliono settimane, le consiglia nel frattempo di andare a
Londra
, dove le dice c'è uno dei pochi medici che di quella malattia ne capisce qualcosa.
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Dominique Corti
17:37
C'era questo professore di
Londra
, era considerato uno di quelli che ne sapeva di più su una roba nuova, no, lui chi fa l'anamnesi della mamma, gli chiede tutto il dettaglio delle malattie che ha.
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17:49
E la mamma alla fine gli dice anche che stiamo aspettando il risultato dei test e lui fa, ma io non ho bisogno di sapere il risultato del test per confermarle che lei probabilmente ha questa malattia, dal suo percorso sicuramente alla malattia.
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18:09
E lì siamo rimasti un po' grant tutti nei tre, un po' paralizzati, surrealmente avevamo prenotato un giro di autobus dopo no, di quelli sightseeing di
Londra
.
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18:22
Dopo lo abbiamo preso lo stesso eravamo lì, un po', tutti scioccati e la mamma diceva beh, certo che mi ero convinta che lui mi avrebbe detto ma no, signora, cosa crede certo che non ce l'ha questa cosa.
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18:36
E lui però gli aveva detto che non si sapeva pochissimo di questa malattia, che le probabilità erano maggiori, che sarebbe morta nell'arco di pochi anni.
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18:49
Però, dato che si sapeva poco, era molto importante cercare di tenersi attivi con lo spirito positivo e lei ha detto cosa faccio?
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18:59
Vado avanti a lavorare? e lui fa lei è in un posto dove se lei non lavora, i pazienti muoiono, per cui sia perché lei fa bene, sia per il fatto che è molto più difficile che lei infetti, anche operando i suoi pazienti ma fintanto che non trova un modo per aver qualcuno che è in grado di operare meglio che lei lavori.
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Mario Calabrese
19:23
Lucille fa di quel consiglio la stella polare che guiderà gli ultimi dieci anni della sua vita.
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19:29
Li passerà a visitare e lavorare, nonostante i sintomi pesantissimi della malattia, li considerava un effetto collaterale dell'essere medico.
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19:38
Un rischio accettabile, se mettevi la tua vita al servizio delle altre.
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Dominique Corti
19:43
Ogni tanto lo diceva, dice ma se un giornalista va a fare il giornalista nelle zone di guerra che si può beccare, una pallottola muore.
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19:51
E un medico la stessa cosa, a contatto con i malati può beccarsi una malattia avrei potuto prendermi un'epatite morire in sei mesi e invece mi sono beccata questa sono ancora qui.
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20:03
Loro sono tornati su ad aprile del novantasei perché ormai era ridotta a trenta chili, non stava più in piedi, aveva la diarrea, ma fino a venir via i giorni prima di venir via si faceva le sue sei ore di ambulatorio, tutti i giorni ancora e a volte non riusciva ad alimentarsi e allora gli facevano partire una flebo la mattina il papà e diceva, poi torno e te la te la tolgo.
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20:29
Poi tornava a metà mattina e diceva alla signora che ci ha sempre accudito la casa ma dov'è dice che ha finito la flebo l'ha tolta è andata in ospedale, ha lavorato prima, proprio fino agli ultimi.
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Mario Calabrese
20:44
Nel frattempo la malattia è arrivata anche in
Italia
la prima volta che si nomina aids su un canale televisivo italiano e nel millenovecentoottantatré.
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20:51
A farlo il giornalista e divulgatore scientifico Luciano Olio in un servizio per il Tg due.
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Luciano Onder
20:56
Una malattia sconosciuta proviene dagli
Stati Uniti
, si chiama Aids, Aids in inglese colpisce soprattutto tossicodipendenti e omosessuali.
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21:07
La malattia è arrivata anche in Europa.
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21:09
Sono di questi giorni i primi due casi italiani registrati a
Roma
.
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Mario Calabrese
21:15
I casi che cita Onder sono quelli di due omosessuali che hanno viaggiato spesso negli
Stati Uniti.
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21:20
L'anno successivo.
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21:21
Siamo nel millenovecento ottantaquattro, i casi saliranno a diciotto e tra questi ci sarà anche un ragazzo di
Milano
eterosessuale è mai stato all'estero ma tossicodipendente.
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21:32
Aids smette così nell'immaginario collettivo e nel dibattito pubblico, di essere solo la malattia degli omosessuali e diventa anche quella di chi fa uso di eroina e condivide le siringhe.
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21:44
E anche la storia di Fabio Cantelli Annibaldi, vicepresidente del gruppo Abele, giornalista e scrittore, ex tossicodipendente, è stato a lungo ospite e collaboratore di
Vincenzo Muccioli
in quella comunità di San Patrignano, riemersa dalla storia recente grazie alla serie Netflix Samp.
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Fabio Cantelli Annibaldi
22:05
Noi capitava spesso che ci scambiavamo le nostre siringhe e magari prendevamo le stringhe di un altro che era con noi, un amico che con cui facevamo le nostre storie.
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22:17
Non ci potevamo il problema del contagio perché l'unico rischio che sapevamo di correre era quello dell'epatite virale, che però era una malattia curabile, dunque trascurabile.
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22:31
Noi sciacquavamo le cosiddette spade, come le chiamavamo noi ma volte le sciacquavamo male, rimaneva un residuo di sangue.
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Mario Calabrese
22:42
Fabio Cantelli arriva a San Patrignano nel millenovecentottantatré, l'anno successivo scappa e torna a
Milano
.
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22:48
Viene trovato e riportato a Samp dove nel millenovecentoottantacinque viene fatto uno screening a tappeto su tutti i cinquecento ragazzi ospiti della comunità per capire quanti potessero essere sieropositivi.
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23:01
I risultati sono sconvolgenti.
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Fabio Cantelli Annibaldi
23:04
Vincenzo Muccioli
quando venne a sapere che più di un terzo, quindi circa centotrenta persone, era sieropositivo e fece questa scelta di proteggerci, io trovo insomma una scelta all'epoca, sensata, ragionevole, anche amorevole.
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23:21
Perché é che dire una persona sei sieropositivo, voleva dire guarda che tu morirai tra poco.
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23:32
E quindi lui voleva proteggerci, nel senso che decise che avrebbe detto ogni singolo contagiato nei tempi e nei modi dovuti questa terribile notizia, io ero tra questi centotrenta, direi sieropositivo, eravamo tutti asintomatici.
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23:52
Poi io conclusi quell'anno, presi la maturità classica al liceo di Rimini finì il liceo classico e Vincenzo mi propose di andare a studiare a
Bologna
, dove dove lui aveva affittato una casa per gli studenti, una grande casa.
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24:13
Stavamo in dodici li dentro.
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24:17
A partire, direi dall'ottantasei arrivarono in comunità un numero sempre maggiore di persone non solo sieropositive, ma in Aids conclamato.
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24:30
Quindi
Vincenzo Muccioli
decise che dovevano andare all'ospedale maggiore di
Bologna
nel reparto infettivi.
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24:41
Noi che eravamo studenti a
Bologna
, decidemmo insieme che non potevamo starcene con le mani in mano, quindi decidemmo di organizzare dei turni di assistenza in ospedale ventiquattro ore su ventiquattro, in modo da stare sempre accanto a queste persone più sfortunate di noi, in modo che loro avessero almeno il conforto di qualcuno con cui parlare, cui stare, al di là dei familiari che a volte neanche nemmeno cercano.
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25:07
Insomma, erano situazioni disastrose e disastrate.
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25:12
Poi accade questo accade che io, appunto, ero sieropositivo dal ottantacinque, come avrei capito e saputo poco dopo, io ero uno di quelli a cui lui, per il quale lui aveva pensato, glielo dirò quando sarà abbastanza forte da reggere il peso della notizia.
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25:32
Intanto passano settimane, passano i mesi, passano gli anni.
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Mario Calabrese
25:37
Passano quattro anni prima che Muccioli dica Fabio Cantelli della sua sieropositività, quattro anni in cui lui conduce una vita normale, il che significa anche avere rapporti sessuali non protetti.
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Fabio Cantelli Annibaldi
25:52
Un giorno di primavera del millenovecento settantanove, lui mi chiamò da parte e mi disse che aveva fatto una riunione con i medici della comunità e che avevano deciso insieme che d'ora in avanti le persone sieropositive non avrebbero più fatto assistenza ai malati di aids e dunque io a quel punto ero esentato da andare all'ospedale maggiore di
Bologna
a assistere i malati.
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26:22
Ecco a me crollò il mondo addosso, ovviamente.
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26:26
Ma quando io seppi in questo modo che ero sieropositivo, la mia preoccupazione andò non tanto a me quanto alla mia ragazza, perché quello che in un istante riuscì a capire è che se io per il, tanto poco che fossi vissuto ancora, se quella sopravvivenza era segnata dalla consapevolezza di aver condannato a morte di fatto un'altra persona, sarebbe stata una sopravvivenza infernale.
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27:04
Chiamai ovviamente la mia ragazza e le dissi di andare immediatamente a fare gli esami del sangue.
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27:11
È stata forse la settimana più brutta della mia vita perché aspettavo questa sentenza che poteva essere di morte per lei, ma anche per me.
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27:22
Invece, per fortuna lei un giorno mi telefonò e mi disse che il contagio non era avvenuto.
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27:30
Quello fu uno dei giorni più belli della mia vita, ma fu anche quello in cui io decisi io da qui me ne me ne vado.
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Mario Calabrese
27:39
Vivere con il virus significava, non solo temere per la propria vita e per quella delle persone che si temeva di aver contagiato, ma anche vivere in una condizione di isolamento, vittime del giudizio dell'ignoranza e della mancanza di informazioni.
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27:57
All'inizio degli anni novanta l'aids diventa veramente come dire qualcosa di allarmante.
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28:08
Il fatto che colpisse omosessuali e tossicomani diede adito anche a de del deliranti dichiarazioni anche di religiosi che vedevano, la vedevano come una sua vendetta divina, no, cioè è una giusta punizione a due categorie di reietti che erano indegni di stare al mondo, quindi erano erano puniti perché non erano dei bravi borghesi o dei timorati di Dio ecco.
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28:40
Sono gli anni in cui la gente ha paura di andare a prendere un caffè al bar, perché chissà chi ha bevuto in quella tazzina e chissà se è stata lavata davvero.
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28:48
I bambini non vengono più portati ai giardinetti perché ci sono le siringhe.
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28:52
Sono gli anni in cui, come abbiamo sentito, il virus sembra una punizione divina per gay e tossicodipendenti.
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28:60
Solo gli emofiliaci trasfusi con il sangue infetto, sembrano le uniche vittime incolpevoli.
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29:06
L'aids è la malattia degli ultimi, almeno fino a quando morirne non è una star di Hollywood.
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29:15
Rock Hudson, uno degli attori americani più amati, il fidanzato D'america per generazioni di donne, ricoverato a
Parigi
nel tentativo di curarsi, Hadson, il venticinque luglio, millenovecentoottantacinque, decise di annunciare, attraverso un comunicato stampa, di avere l'aids.
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29:42
Questa che avete sentito è la voce di un altro attore americano famosissimo, Burt Lancaster.
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29:48
Le parole invece sono quelle che Rock Hudson, ha affidato a una lettera che venne eletta a un galà di raccolta fondi per la lotta all'aids.
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29:56
Dice non sono contento di essere malato, non sono contento di avere l'aids, ma se questo può aiutare altre persone, io posso almeno sapere che la mia disgrazia ha un qualche valore positivo.
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30:11
Morirà nemmeno due settimane dopo, a cinquantanove anni, ma quel gesto di onestà cambierà per sempre la percezione della malattia e farà dell'aids uno dei temi più importanti di mobilitazione per le celebrità di tutto il mondo.
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30:28
Ma se nel millenovecento ottantasei un sondaggio del Los Angeles Times rivelava che il quarantotto percento degli americani sarebbe stato d'accordo su una speciale documento identificativo per le persone sieropositive, solo l'anno dopo nasce a
San Francisco
il progetto dell'aids Memorial Quilt, un'immensa coperta, composta da pezzi di stoffa su cui erano ricamati i nomi delle vittime del virus.
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30:55
Un vero monumento alla memoria, un modo per ricordare e per dire che aids non era una vergogna.
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31:08
Un filo rosso è un podcast di ChoraMedia scritto con Silvia Guccini in collaborazione con
The Global Fund
, il fondo globale per la lotta contro l'aids, la tubercolosi e la malaria. Le registrazioni in studio sono di Federico Slavia Roper Street studio.
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31:21
I fonici in presa diretta sono jacopo lattanzio, Riccardo Mazza, l'editing, il sound design e di
Francesco Ferrari
per Frigo studio, il supporto relazionale di antonella se recchia, la producer e anna Nenna, la cura editoriale e di Sarah Poma.