Saturday, Jul 23, 2022 • 11min

Ep.27 - I milionari tra i dilettanti: come il Dream Team cambiò le Olimpiadi

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Mai nessuno è stato più felice di stare in campo pur sapendo che avrebbe perso. Mai nessuno, prima del 1992: siamo alle Olimpiadi di Barcellona, e le squadre di basket di tutto il mondo lo sanno, che perderanno. Sanno che gli avversari sono troppo più forti. Sono il dream team americano, un concentrato di campioni mai visto prima: Magic Johnson, Micheal Jordan Larry Bird, Charles Barkley, e poi Clyde Drexler, Pat Ewing, John Stockton, Karl Malone, Scottie Pippen, David Robinson, Christian Laettner, Chris Mullin. “Giocare contro di loro - disse il brasiliano Schmidt - è come sognare”.
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(1)
Angelo Carotenuto
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00:07
Chora
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Angelo Carotenuto
00:11
Ognuno aveva la sua storia, e che storia.
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00:16
Ma questa diventò la storia di tutti, la loro, di chi li guardò, e finanche degli avversari; i giocatori di pallacanestro di tutto il mondo che contro la squadra olimpica americana del mille novecento novantadue persero otto partite su otto con uno scarto medio di quarantaquattro punti, senza mai segnarne più di ottantacinque e senza mai subirne meno di cento tre. Eppure felici, felici di averli visti da vicino.
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00:50
Un torneo squilibrato, senza storia, una medaglia d'oro senza incertezza.
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00:56
In sostanza, due settimane di esibizione in diretta via satellite dalle Olimpiadi di
Barcellona
.
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01:04
Il risultato più scontato ma il più atteso, il più ammirato, persino il più desiderato.
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01:11
Un pugno di milionari faceva irruzione nel mondo dei dilettanti.
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01:17
Avevano nomi così famosi da essere riconosciuti facendo a meno dei cognomi.
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01:21
Erano Larry, Michael, Magic.
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01:25
Ognuno aveva la sua storia, e che storia.
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01:29
Ma solo tutti insieme diventarono leggenda.
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01:34
È dall'estate del mille novecento novantadue che ancora lo chiamiamo il Dream Team.
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01:44
Io sono Angelo Carotenuto, ogni mattina curo la newsletter Lo Slalom e questo è Rimbalzi, un podcast prodotto da Chora Media.
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01:56
Michael Jordan era già stato alle Olimpiadi otto anni prima, non aveva ancora messo piede in NBA, era ufficialmente universitario e le aveva vinte.
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02:06
Ma adesso adesso a
Barcellona
era quello con due anelli di fila a
Chicago
e due titoli di Miglior giocatore delle finali.
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02:14
Era il tipo che aveva le scarpe col suo nome e soprattutto era quello di cui
Larry Bird
aveva detto "Io penso semplicemente che sia Dio travestito".
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02:26
Larry Bird
ecco, parliamone.
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02:29
Il totem dei
Boston Celtics
, tre anelli in carriera, il simbolo del tiro da tre punti, anzi la sua incarnazione.
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02:38
Al punto che avevano debuttato insieme nel campionato americano, lui e il tiro da tre punti.
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02:44
La sua prima partita da professionista, con il contratto più ricco mai firmato da un debuttante, portava la stessa data dell'introduzione del tiro dalla massima distanza, dodici ottobre mille novecento settantanove.
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02:60
Ma adesso, adesso a
Barcellona
erano passati tredici anni, lui ne aveva trentasei e soprattutto aveva la schiena a pezzi.
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03:14
Quella data in quel giorno lontano aveva fatto il suo debutto in NBA un altro ragazzino.
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03:20
Solo dall'altra parte
dell'America
, sulla costa occidentale, tale
Earvin Johnson
con la stessa maglia di Abdul-Jabbar, quella dei Los Angeles Lakers.
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03:30
Poi gli anni passano, i bimbi crescono, le mamme imbiancano, e i Johnson in
America
o fanno i presidenti o si confondono nella massa, in mezzo agli Smith e ai Williams.
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03:43
Per essere perfino più speciale dei due che erano andati alla Casa Bianca, Earvin diventò l'unico noto con il soprannome di Magic.
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03:51
Era il perfetto rivale di Bird per
l'America
delle contrapposizioni.
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03:55
I suoi anelli erano cinque, i suoi premi da MVP tre, le sue partite delle stelle dodici ma soprattutto non sapeva per quanto sarebbe stato ancora vivo.
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04:09
Aveva un figlio fuori dal matrimonio, si era sposato con duecento settantacinque invitati e poco dopo la convocazione per le Olimpiadi aveva saputo di essere sieropositivo all'HIV, il virus che portava all'Aids e che negli anni novanta era trattato più o meno come una maledizione di Dio su chi si era dato a una vita irregolare.
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04:30
Il primo a saperlo era stato proprio Jordan.
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04:34
Magic era uscito da uno studio medico, aveva aperto la busta del referto, era entrato in macchina e aveva composto il numero di cellulare di Michael, che alla guida in autostrada accostò e chiese "Sei sicuro?".
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04:49
Nelle condizioni di Magic c'erano quel giorno un milione e mezzo di americani, duecento trenta mila dei quali con una prospettiva di vita inferiore ai tre anni.
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05:00
I giornali la chiamavano la "Peste del Duemila".
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05:03
La prima domanda che gli fecero in conferenza stampa fu "Che effetto ti fa sapere che non vedrai crescere i tuoi figli?".
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05:11
Invece Magic si curò, otto mesi dopo era alle Olimpiadi, anche se l'Australia minacciava di ritirarsi temendo il contagio.
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05:21
E poi con loro c'erano
Charles Barkley
, uno che si era fatto sbattere fuori dalla Nazionale otto anni prima, per un commento sulle scarpe del coach e un'altra volta aveva ordinato una pizza durante una partita.
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05:35
Se l'era fatta portare in panchina e c'erano
Clyde Drexler
e Pat Ewing e
John Stockton
e
Karl Malone
e
Scotty Pippen
, il meglio del meglio del meglio, affidati alla guida in panchina di Chuck Daly, uno che non aveva mai giocato seriamente a basket.
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05:54
Tra un licenziamento e l'altro andava a fare il telecronista, ma soprattutto era stato due anni
nell'Esercito
.
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06:03
Che cosa ci faceva questa massa di stelle nel tempio dello sport più puro?
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06:09
Incrociavano il suo cambiamento, di più, la rivoluzione, la rivoluzione dei Giochi Olimpici, la storica apertura ai professionisti voluta dal gran capo del Comitato internazionale Juan Antonio Samaranch, un marchese catalano che un giorno si era presentato a Giovanni Paolo secondo, dicendo più o meno "Salve, io sono il Papa dello sport".
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06:33
Dinanzi alla nascita di nuove manifestazioni d'elitè, aveva intuito che le grandi stelle non potevano più restare fuori dai giochi, anche se guadagnavano milioni di dollari, eh pazienza, che lo spirito del barone
De Coubertin
se ne facesse una ragione.
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06:49
Aveva invitato la Federazione Internazionale di Pallacanestro a mettere ai voti l'apertura delle Nazionali olimpiche ai signori della NBA, trovando terreno fertile tra i conservatori
d'America
per il fatto che quattro anni prima a Seul la medaglia d'oro era sfuggita alla solita squadra di universitari che in passato era sempre bastata per dominare.
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07:12
Ma il basket nel mondo cresceva, i campioni del college
d'America
non bastavano più.
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07:18
La vittoria era stata contesa in finale da URSS e Jugoslavia, certamente i due Paesi più danneggiati dall'arrivo dei fenomeni
NBA
, se solo fossero esistiti ancora.
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07:34
URSS e
Jugoslavia
stavano invece andando drammaticamente disciolti in più Repubbliche.
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07:39
Il progetto dell'apparizione più stellare nella storia delle Olimpiadi non aveva opposizione.
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07:45
Per dire di come reagirono gli altri, il brasiliano Oscar Schmitt, fenomenale e imbucatore di palloni nelle retine, disse: "Giocare contro
Magic Johnson
e
Larry Bird
è come sognare".
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07:58
L'omaggio che il nuovo mondo rese al vecchio mondo fu lasciare un posto su dodici ai titolari di una volta, i ragazzi dei college, simbolicamente rappresentati da Chris Laettner, dell'università di Duke, nella Carolina Del Nord, e comunque anche lui appena scelto per giocare in
NBA
al rientro da
Barcellona
.
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08:23
La prima partita del ventisei luglio, finì cento sedici a quarantotto contro il povero Angola e la finale dell'otto agosto contro la povera Croazia, cento diciassette a ottantacinque.
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08:35
Bird allora sbuffò.
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08:39
Il problema è che i Paesi più forti, disse, continuano a dividersi.
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08:43
Se i russi fossero stati tutti insieme, avrebbero avuto una grande squadra e noi avremmo vinto solo di venti punti.
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08:51
Il
New York Times
scrisse che non c'era bullismo in quel dominio, non era l'espressione di un qualche istinto omicida, era sentimento, era il piacere di passarsi la palla come se fosse stata una conversazione tra amici.
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09:07
Ma il basket più bello, di quei giochi mille novecento novantadue, non venne trasmesso in televisione, non lo vide nessuno, se non un pugno di tecnici dentro palazzetti vuoti di gente pieni di echi.
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09:20
Il basket più bello erano i loro allenamenti.
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09:24
Le gelosie erano più forti dentro la selezione americana che all'esterno, i campioni degli altri sport presero molto male tutte le eccezioni che vennero concesse a quelli del basket.
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09:36
Dormire in un hotel da novecento dollari a notte, per esempio, e non al villaggio, oppure la tutela dei loro accordi di sponsorizzazione privati.
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09:46
Jordan e Johnson avevano un contratto con un marchio diverso da quello che vestiva la nazionale.
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09:53
Furono autorizzati a coprire il logo sul giubbotto e la sera della premiazione in campo si misero una bandiera americana sulle spalle per non mostrarlo nelle foto, nemmeno sulla maglia.
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10:06
Due ore dopo aver battuto la Croazia, due ore dopo aver portato le Olimpiadi in una nuova era, c'era un aereo privato sulla pista di
Barcellona
, col motore acceso, pronto per riportarli a casa nel loro guscio, nei loro feudi.
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10:22
"Non ci sarà mai più una squadra come questa", disse
Magic Johnson
.
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10:27
"No, non ci sarà mai più", annuì Michael Jordan.
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10:32
Poi si guardarono.
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10:33
"Ma se caso mai ci fosse? Ecco, se casomai ci fosse, se casomai un giorno se ne trovasse una così", disse Jordan, "allora, allora noi torneremo, noi torneremo e la batteremo".
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10:51
"Sì, sì, sì, sì, sì, la batteremo", disse Magic, con il sollievo del sopravvissuto che torna a usare i verbi al futuro, "la batteremo proprio Michael" disse prima di salire, prima di salire sull'aereo e tornare tutti dentro le proprie vite.
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11:25
Rimbalzi è un podcast di Angelo Carotenuto prodotto da Chora Media.
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11:30
La cura editoriale è di Francesca Milano, la producer è Monica De Benedictis, la post-produzione e il sound design sono di Filippo Mainardi, la supervisione del suono e della musica è di Luca Micheli.
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