Wednesday, Dec 9, 2020 • 26min

Episodio 1: Emergenza e Inganno

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Durante la seconda ondata della pandemia, Torino è stata fra i capoluoghi colpiti più duramente. Paolo Giordano fa ritorno nella sua città natale, in cui manca da un anno, per visitare il Maria Vittoria, uno degli ospedali messi più sotto pressione dal Covid-19, nel cui reparto di ginecologia suo padre ha lavorato per decenni. Un luogo famigliare, ma allo stesso tempo il simbolo di una città in carenza d’ossigeno.
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Talking about
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Speakers
(7)
Paolo Giordano
Paolo Bussano
Enrico Ferreri
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Transcript
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00:07
Chora.
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Paolo Giordano
00:11
Ho cominciato a lavorare su questa epidemia stando nella mia stanza e occupandomi soprattutto dei numeri della matematica, del contagio, della curva, di come evolveva, dei parametri di cui avevamo bisogno per immaginare la dimensione collettiva.
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00:27
Ma, arrivato a questo punto, ho sentito il bisogno invece di entrare in un ospedale e di vedere quello che è l'evoluzione finale di questa emergenza, quando bisogna occuparsi invece dei corpi, i corpi che si ammalano e soprattutto i corpi che non respirano.
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00:46
E forse per ricordare anche a me stesso che la salvezza da tutto questo passa attraverso la medicina, passa attraverso la scienza in un momento in cui viviamo da tempo dentro un'altra epidemia. Un'epidemia che riguarda invece un sospetto sempre più diffuso nei confronti della scienza.
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01:09
La scienza è l'ossigeno di cui abbiamo bisogno per uscire da questa situazione, esattamente come le persone che entrano qui hanno bisogno dell'ossigeno per tornare a respirare.
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01:26
Sono
Paolo Giordano
e questo è un podcast di Chora Media. Si chiama Ossigeno.
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01:37
Sono tornato a
Torino
dopo un anno che mancavo ed è di gran lunga il tempo più lungo in cui sono mancato dalla città. Mi sono trasferito da
Torino
a
Roma
due anni e mezzo fa e sono tornato quando ho capito che durante questa seconda ondata
Torino
stava soffrendo in un modo particolare.
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01:59
Sentivo di sempre più persone vicine, conosciute, che si ammalavano, che venivano ricoverate e sentivo degli ospedali che si riempivano finché erano veramente pieni e sono tornato per vedere e per riallacciare quel nodo un po' allentato, anche per non lasciare che questa epidemia creasse una vera distanza. Già ne crea tantissime di distanza e non volevo che la creasse anche rispetto alla mia città.
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02:30
Il
Coronavirus
non molla la presa, di nuovo su i contagi in
Piemonte
siamo ancora secondi in Italia seppur..
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Paolo Giordano
02:59
Qui siamo davanti al
Maria Vittoria
, è l'ospedale dove mio padre ha lavorato per quarant'anni come ginecologo - ostetrico, quindi è un luogo che io conosco molto bene da quando sono nato.
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03:11
Gli ospedali sono luoghi che hanno una strana vocazione nelle nostre vite. Diventano il centro della nostra esperienza per dei tratti brevi, di solito legati a periodi difficili e poi al di fuori di quei momenti, ce ne dimentichiamo. Questo forse è quello che è successo anche negli ultimi mesi in questa malattia collettiva che è la pandemia.
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03:34
A marzo, quando è cominciata l'emergenza, per alcune settimane siamo stati tutti dentro gli ospedali. Eravamo lì emotivamente, eravamo stretti attorno alle persone che si stavano occupando dell'emergenza sanitaria. E poi è successo qualcosa. È successo quell'allontanamento da quei luoghi che conosciamo anche nelle nostre vite singole. Tuttavia l'emergenza ha continuato a esistere dentro gli ospedali.
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04:07
C'è un busto al centro del cortile del Maria Vittoria nell'unica parte che rimane un po' antica, è il busto di Giuseppe Berruti, il fondatore dell'ospedale. Berruti ha una storia che ricorda un po' quella che racconta Bulgakov nelle memorie di un giovane medico. Siamo alla fine dell'ottocento Berruti si è appena laureato in medicina con una specializzazione in ginecologia, ma lavora come medico condotto a Chivasso.
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04:34
Una notte d'inverno viene chiamato per un parto difficile in una cascina isolata fuori, c'è una tormenta di neve, e lui fa molta fatica a raggiungere la casa. Quando arriva lì non riesce a salvare né la donna che era molto giovane né il bambino.
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Paolo Bussano
04:53
Lui è rimasto sconvolto da questa cosa e ha pensato: "Possibile che non si possa creare un ospedale dove le donne possono far nascere i loro bambini normalmente al sicuro?"
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Paolo Giordano
05:07
Me lo racconta Paolo Bussano che il direttore sanitario dell'ospedale, nonché un appassionato della sua storia.
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Paolo Bussano
05:14
Qui c'era una villa che era sua, allora lui ha detto "metto a disposizione questa villa e questo giardino, cominciamo il luogo dove questo è l'ospedale e lo costruisco qua".
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Paolo Giordano
05:26
L'ospedale viene intitolato alla principessa
Maria Vittoria
dal Pozzo della Cisterna ed è il primo in
Italia
dedicato alla ginecologia e all'ostetricia. Al piano terra c'è un ambulatorio dedicato alle donne più povere, all'inizio le accoglie una volta solo alla settimana, poi sempre più spesso perché le richieste aumentavano.
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05:46
Dopo, l'ospedale attraversa più di un secolo di storia della città e di
Italia
, in quel modo silenzioso con cui gli ospedali attraversano la storia. Si alternano eventi tragici a eventi più lieti. Per esempio è qui che il due febbraio del millenovecento sessantuno nasce il milionesimo abitante di
Torino
.
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Paolo Bussano
06:04
Si chiamava proprio... classico cognome piemontese: Arduino, Marco Arduino.
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Paolo Giordano
06:10
Negli anni settanta, in particolare nel millenovecento settantasette che è stato il più duro degli anni di piombo, c'erano reparti interi in alcuni ospedali della città dedicati ai gambizzati e ai feriti e in molti sono stati portati anche qui al Maria Vittoria. Anche mio padre si ricorda di quel periodo, di quando andava al carcere Lorusso e Cutugno per assistere alle donne brigatiste.
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Paolo Bussano
06:33
E noi visitavamo con due guardie fuori, ovviamente, una guardia donna dentro, perché bisognava avere la massima sicurezza. Poteva essere... in quel periodo era pericolosissimo. Potevano esserci operazioni armate. Quando abbiamo fatto un cesareo a una di queste grandi brigatiste, che si era macchiata anche di due assassini, avevamo la sala operatoria letteralmente circondata da polizia.
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07:11
La porta che si è bloccata a
Orly
. Sì, è molto strano. Sì...
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Paolo Giordano
07:18
L'incendio del cinema Statuto è stato di sicuro uno degli eventi che hanno segnato di più la storia moderna della città. Era il tredici febbraio dell'ottantatré e quella sera davano in sala il film La capra con
Gerard Depardieu
.
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07:32
Io lo volevo lungo... lungo il caffè.
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Paolo Giordano
07:36
Il cinema Statuto si trovava a meno di un chilometro da
Maria Vittoria
. Sono rimaste intrappolate nel cinema e nell'incendio sessantaquattro persone. L'evento recente che ha sicuramente segnato di più la città è stato l'incidente alla
ThyssenKrupp
il sei dicembre. duemila e sette.
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07:58
Quella notte un attrito metallico ha creato delle scintille nello stabilimento torinese della
Thyssen
. Queste scintille pare abbiano incendiato dei residui di carta impregnata d'olio che erano nel meccanismo e ne è scoppiato un incendio. E poi un'esplosione. Un operaio è rimasto ucciso subito. Altri sei sono morti, alcuni il giorno seguente, altri dopo quasi un mese di agonia.
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08:27
Sono della Thyssenkrupp in Corso Regina... c'è stato un incendio, ci sono quattro ragazzi bruciati. - Quattro bruciati o carbonizzati? Non sono carbonizzati, si muovono. Stiamo cercando di spegnere...
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Paolo Bussano
08:42
È una di quelle storie, quella della Thyssen, in cui chi ha avuto a che fare con questa vicenda non hanno mai, mai, mai voglia di parlarene. Non ne hanno mai parlato. Penso che non ne abbiano parlato neanche con le loro famiglie.
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Paolo Giordano
08:57
Per le circostanze o per la gravità?
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Paolo Bussano
09:01
Per la gravità e nello stato in cui si sono presentate.
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09:06
Assassini! Gli estintori dove erano? Gli estintori, dov'erano gli estintori? Assassini, bastardi, bastardi!
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Paolo Bussano
09:27
È stata una cosa abbastanza scioccante, il fatto è che nessuno di loro ne ha mai parlato di questo, penso che sia molto, molto indicativa della cosa.
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Paolo Giordano
09:43
E l'ospedale attraversa anche le epidemie e le pandemie, fino a questa. È interessante che già durante la spagnola venissero diffuse delle raccomandazioni molto simili a quelle che ci vengono date oggi.
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09:55
Astenersi dal visitare i malati, ventilare le stanze giorno e notte, lavarsi accuratamente le mani e non intraprendere lunghi viaggi in ferrovia, anche se la prima raccomandazione era di tenere il proprio tenore di vita. Tra il sessantotto e il sessantanove c'è stata l'influenza a
Hong Kong
che è arrivata anche a
Torino
e poi negli anni ottanta, ovviamente l'AIDS.
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Paolo Bussano
10:17
È stato scoperto il primo caso diagnosticato di AIDS in
Italia
,
l'Amedeo Di Savoia
era stato riconvertito praticamente allora a solo pazienti di AIDS.
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Paolo Giordano
10:31
Mio padre mi ha raccontato che anche loro, i medici, erano molto spaventati all'inizio, non sapendo nulla di questa malattia. Un giorno erano in sala operatoria e stavano operando su una paziente sieropositiva e a un certo punto è caduto uno strumento per terra e l'anestesista ha fatto un balzo all'indietro per lo spavento.
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10:50
Erano tutti i medici, ma avevano paura. Forse non c'è nessun altro evento che cambia un ospedale tanto quanto una malattia nuova quanto un'epidemia e il Covid da modificato il
Maria Vittoria
e tutti gli altri ospedali dall'interno.
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11:05
Nel caso di questo ospedale si trattava per di più di una struttura già asfittica, costruita secondo logiche ottocentesche, quindi per nulla adatta a gestire un flusso così massiccio di pazienti. Al terzo piano ci sono le sale operatorie ma adesso sono state tutte convertite in terapie intensive, tranne una che serve per le urgenze.
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11:26
Le finestre sono sempre spalancate e c'è questo odore fortissimo di candeggina, perché i pavimenti vengono sanificati in continuazione ed è stato montato un sistema di telecamere a circuito chiuso per poter guardare i pazienti che sono tutti sedati, intubati e molti anche tracheotomizzati.
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11:49
Io ho passato molti mesi a immaginare l'epidemia dentro gli ospedali da fuori, ma vedere direttamente che cosa significhi un paziente intubato dà una concretezza a questa malattia che è molto difficile attribuirle dall'esterno.
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12:10
E c'è questo problema a cui non pensiamo quasi mai, cioè il problema dei corpi. Il Covid sta muovendo tantissimi corpi. Corpi che respirano poco, corpi che respirano malissimo, corpi che non respirano più e che devono essere continuamente spostati da un letto all'altro, bisogna continuamente trovare posti e questa riorganizzazione, in realtà, assorbe moltissima energia del personale.
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12:35
Qui, al
Maria Vittoria,
sono stati spostati interi reparti più di una volta. È stato necessario cambiare la pressione degli ambienti e soprattutto portare l'ossigeno dovunque si potesse, perché questo Covid crea soprattutto una grande crisi e mancanza di ossigeno.
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12:56
Enrico Ferreri è il primario di medicina d'urgenza ed è dall'inizio della prima ondata che si occupa dei pazienti Covid in arrivo nell'ospedale.
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Enrico Ferreri
13:07
Sono arrivato un po' più di un anno fa come primario qua del pronto soccorso della medicina d'urgenza, e quasi il ventiquattro percento delle ambulanze di
Torino
scaricano qua. Una cosa caratteristica che non si è ancora completamente capita di questa patologia qua è che il paziente, fino ad arrivare a una situazione abbastanza avanzata di malattia, non ha la sensazione della dispnea cioè della mancanza di fiato.
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13:30
Però arrivano con dei gravi quadri di insufficienza respiratoria e alcuno va immediatamente ventilato. Si è visto che nei Covid intubare non va così tanto bene, no? Cioè conviene più cercare di trattare con tutte le forme di ossigeno che puoi avere, per cui si parte dalla cannolina a due litri, si aumentano i litri, poi la maschera venturi, la maschera reservoir che vuol dire respirare novanta-cento per cento di ossigeno fino alla ventilazione invasiva.
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13:53
Voi avete sicuramente presente l'immagine che vedete in televisione del casco, no? Il casco che cos'è? Un microambiente a pressione positiva. Cioè in quel casco viene pompata aria, ossigeno in modo che il paziente possa respirare fino al cento per cento di ossigeno. Un po' come respirare mettendo fuori la la testa dal treno, no? Un treno in corsa, io metto fuori la testa, apro la bocca e sento i polmoni che si riempiono. Il paziente non ha bisogno di faticare per respirare.
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14:23
Il paziente grave con l'insufficienza respiratoria ha paura come tutti i pazienti fondamentalmente di morire, di morire male, cioè di morire con la sensazione di mancanza di fiato che è una bruttissima sensazione la mancanza di fiato, come la persona che sta annegando. Perché è una sensazione molto, molto spaventosa per il paziente per cui ha proprio paura di morire, di morire male, di morire soffrendo.
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Paolo Giordano
14:54
Si parla molto delle terapie intensive del pronto soccorso, ma ovviamente il Covid non ha modificato solo quei reparti. Ha modificato tutti i reparti dell'ospedale ed è stato trasformato anche quello di ostetricia e ginecologia dove mio padre ha lavorato per quarant'anni. Sono tornato a vederlo e ho trovato ad accogliermi la dottoressa Cotardo, Rosanna Cotardo che mi conosce da quando sono molto piccolo.
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Rosanna Cotardo
15:20
Paolo, come stai? Bene?
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Paolo Giordano
15:22
... immagino. Siamo in un momento topico...
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Rosanna Cotardo
15:29
Sì, abbiamo fatto nascere una creatura, Gabriele, con una storia della mamma veramente molto difficile. Non so se mi avete vista lì che la consolavo... la stavo accarezzando, consolandola un po' perché lei ha una storia di un papà in
Perù
che è morto di Covid due mesi fa. Quindi lei non è potuta andare, ovviamente per questioni che noi sappiamo.
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15:57
Quindi lei è qui da sola e due giorni fa il suo compagno gli ha annunciato che non riconosce il bambino. Quindi lei è da sola qui e quindi era lì che piangeva. Cercavo di consolarla per dire "Dai tanto è una creatura bellissima, con questo bambino hai vinto il Covid, hai vinto tutto quello che c'è di brutto, che è meraviglioso!" Mi viene da piangere, scusate.
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16:41
Io sono peruviana e la mia storia è stata un poco dura perché, quando sono praticamente rimasta incinta, con tutto questo della pandemia e mio papà è mancato, è mancato così. E poi quando ho detto che era incinta, il papà mi ha dato il nome e poi mi ha detto che non lo voleva. Come dire, si è tirata indietro. Più o meno sono felice perché il mio bambino non ha la culpa di niente. Io lo voglio bene, anche se nessuno lo vuole proprio bene. A me mi basta. So che non ho tante cose da darle, ma sono contenta.
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Paolo Giordano
17:44
Ma se il Covid ha cambiato il processo della nascita, ha cambiato molto più atrocemente le dinamiche della morte. In un modo che probabilmente nessuno di noi si sarebbe mai aspettato di vedere. Scendo tre piani più in basso nel seminterrato dove ci sono le camere mortuarie.
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18:02
E per noi tanto lavoro e tante sofferenze, tanti Covid, non sappiamo più dove metterli.
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18:10
Mediamente quante persone avevate defunti giornalmente? Due-tre?
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18:13
Sì, dipendeva dai giorni... dipendevano. Adesso invece... - Però non sono mai state insufficienti le celle frigo che ospitano sei defunti, sei corpi..
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18:22
Non sono mai state insufficienti le celle frigo che ospitano sei defunti. Quindi, avendo pazienti fuori, vuol dire che il numero dei defunti ovviamente è superiore.
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18:31
Ad esempio, stamattina due. Uno dietro l'altro. Stamattina due pazienti dello stesso reparto a distanza di un'ora e mezza circa.
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Paolo Giordano
18:42
Questi sono tutti Covid?
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18:45
Tutti Covid, sì.
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Paolo Giordano
18:46
Che giorni?
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18:47
E beh, giorni diversi. Il collega in reperibilità una notte ne ha presi otto.
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Paolo Giordano
18:53
Potete comunque prepararli prima di metterli...
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18:58
Vestirli?
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Paolo Giordano
18:58
Sì,
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18:59
No, no!
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Paolo Giordano
18:59
Come arrivano dal reparto vengono messi..
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19:02
Vengono avvolti in dei teli.
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Paolo Giordano
19:05
Quando un paziente Covid muore in terapia intensiva o in pronto soccorso, viene immediatamente avvolto in un lenzuolo. Il lenzuolo viene cosparso di disinfettante e così com'è messo nella bara. La bara viene chiusa e portata fuori dall'ospedale.
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19:27
C'è una storia tipica in questa epidemia che è quella di una persona che si ammala in casa, che viene prelevata dall'ambulanza, quasi sempre senza avere la contezza di quello che potrà succedere. E dopo quel momento non viene più vista dai parenti né da viva né da morta.
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19:47
Questo è forse l'elemento che ho sentito di maggior fatica anche per il personale sanitario. Dopo mesi di extra lavoro, nessuno di loro si è lamentato con me del lavoro, ma tutti si sono lamentati del carico di sofferenza di cui hanno dovuto farsi tramite, anche.
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20:06
Perché sul personale sanitario ricadono anche le telefonate ai parenti, ricadono le videochiamate dei pazienti intubati, ricadono le comunicazioni. Riguarda un paziente che è arrivato in un certo stato, poi si è aggravato e poi è morto e su di loro ricade la responsabilità di dire alla famiglia che no, non potranno vederlo neanche adesso.
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20:29
Questa è sempre stata la saletta di guardia, da tanti anni?
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Biagio Contino
20:32
Eh sì, qui tuo padre ci ha passato svariate decine di notti, ma tante ne ha passate.
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Paolo Giordano
20:37
Questa saletta non l'avevo mai vista, però è come l'ho sempre immaginata. Nella saletta di guardia trovo il dottor Contino, ha lavorato con mio padre per molti anni e mi conosce da quando sono piccolo. Nel frattempo è diventato primario di ostetricia e ginecologia.
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Biagio Contino
20:52
Tuo padre diceva sempre che il nostro lavoro è definito con lunghe ore di noia, intervallate da attimi di panico. E questo è un po' la sintesi di quello che facciamo, cioè lunghe attese in cui non succede nulla e momenti invece di un'intensità emotiva veramente enorme in cui bisogna fare tutto e subito velocemente.
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Paolo Giordano
21:14
Eppure sembra che in questo momento vogliamo immaginare solo gli attimi di panico, come se un ospedale potesse essere fatto di una lunga, costante emergenza. E ci dimentichiamo che le ore di noia sono in realtà quelle della gestione ordinaria. Sono le ore della diagnostica, le ore della prevenzione, le ore di tutti gli interventi non urgenti. Tutto quello che ora, a causa del Covid è fermo.
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21:42
Nelle settimane scorse, ci sono state persone che hanno tirato fuori i telefoni nel cortile del Maria Vittoria per filmare la calma apparente e mostrare che no, che non c'erano le code di ambulanze che non c'era la concitazione che ci viene raccontata dai telegiornali. Tutta la seconda ondata dell'epidemia è stata all'insegna di questa incredulità e anche l'atteggiamento nei confronti del personale sanitario sembra essere cambiato.
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Paolo Bussano
22:09
Qua dentro arrivavano le pizze, le cose e la gente e i vigili del fuoco che sono venuti a farci l'omaggio con le sirene e la polizia...
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Giuseppe Conte
22:19
L'Italia,
e questo la nota assolutamente positiva, ha dato una grande prova di sé.
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Matteo Salvini
22:33
Grazie ai duecento mila medici in
Italia
che sono in trincea e che mi auguro che, sconfitto questo virus, abbiano riconoscimenti morali ed economici.
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Paolo Giordano
22:47
C'è una foto che è diventata un po' un simbolo nella prima ondata, ce la ricordiamo tutti. È una foto di Elena Pagliarini, un'infermiera dell'ospedale Maggiore di
Cremona
, dove si vede lei riversa su una scrivania addormentata a fine turno, sfinita, con ancora addosso i guanti e la mascherina, il camice. Quella foto aveva raccolto un grandissimo calore umano quando era stata postata su Facebook. A novembre Elena Pagliarini ha pubblicato un post a proposito del pranzo di Natale. Ha scritto: "Preoccupatevi di non farlo in ospedale, il pranzo!" Le reazioni, però, sono state molto diverse da quelle della primavera.
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23:25
Qualcuno ha scritto: "Ci fate venire la depressione a tutti, ve lo dico io". Qualcun altro ha scritto che "Il Natale è la festa della rinascita e del rinnovamento e non ha nulla a che fare con la diffusione del virus". E qualcuno ha perfino commentato che dormire sul lavoro emotivo di severo, formale richiamo e finanche di licenziamento.
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23:52
Qui siamo al Valentino, che è il parco della città e per me è un luogo che si lega agli anni dell'università e ho pensato di ricominciare da qui il collegamento con la città, perché ogni volta che penso a quella separazione fra discipline umanistiche e scienze, per qualche ragione mi viene in mente questo luogo.
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24:21
Forse mi viene in mente perché qui c'è una targa intitolata a Primo Levi che è stato l'esempio vivente della nostra letteratura, del fatto che non esiste alcuna distinzione, alcuna separazione insanabile fra scienza e umanità.
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24:37
Qui al Valentino, in questo tratto che si chiama... che tutti i torinesi conoscono come
Torino
Esposizioni, prima di ogni Natale vengono allestite delle giostre ed è un po' tradizione per tutte le famiglie portare i bambini qui. E quest'anno al posto delle giostre c'è il nuovo ospedale Covid inaugurato proprio in questi giorni per dare fiato agli ospedali della città.
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25:08
C'è un libro di Levi che si chiama Il Sistema periodico. È una raccolta di ventuno racconti in cui ognuno prende il titolo da un elemento della tavola periodica: argon, nichel, idrogeno, zinco. Levi ha scelto gli elementi per raccontare se stesso, raccontare questa città, raccontare la sua professione come chimico.
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25:33
Forse se oggi Levi potesse aggiungere un altro racconto al sistema periodico, il ventiduesimo sceglierebbe come elemento l'ossigeno, perché è come se adesso a tutta
Torino,
a tutta
l'Italia
, forse a tutto il mondo mancasse proprio l'ossigeno.
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26:07
Ossigeno è un podcast di
Paolo Giordano
prodotto da Chora Media. La cura editoriale è di Sabrina Tinelli, il produttore esecutivo
è Pablo Trincia
, la ricerca di contenuti e delle storie è di Debora Campanelli e Oliviero Del Papa.
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26:19
La regia, il sound design e le musiche originali sono di
Luca Micheli
, il mastering e la finalizzazione di Guido Bertolotti; il fonico di presa diretta è Calogero Bufalino, il fonico di studio è Riccardo Mazza.
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🇮🇹 Made with love & passion in Italy. 🌎 Enjoyed everywhere
Build n. 1.38.1
Paolo Giordano
Paolo Bussano
Enrico Ferreri
Rosanna Cotardo
Biagio Contino
Giuseppe Conte
Matteo Salvini
BETA
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